Condizione in cui i valori della pressione arteriosa risultano generalmente elevati, anche se non in maniera costante. La pressione alta può essere la conseguenza di case ben identificabili come una patologia renale (per esempio una nefrite), di una malattia endocrina (ipertiroidismo, feocromocitoma, morbo di Cushing o iperaldosteronismo), ma anche dell'assunzione non controllata di alcuni farmaci come cortisonici, ciclosporina o antinfiammatori. In questi casi si parla di ipertensione secondaria. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, l'aumento della pressione arteriosa non è riconducibile a un'unica causa ben identificabile e si parla quindi di ipertensione essenziale o primitiva o, più semplicemente, di malattia ipertensiva. In genere è collegata a una certa predisposizione genetica, sulla quale intervengono numerosi fattori esterni quali il tipo di alimentazione, l'obesità, lo stress e l'abuso di alcolici o di sostanze eccitanti. L'ipertensione provoca disturbi solo se i valori sono molto elevati o se sono presenti danni irreversibili a livello dell'organismo. La misurazione della pressione si effettua con uno strumento detto sfigmomanometro, in grado di rilevare due valori: la pressione sistolica (pressione massima) e la pressione diastolica (pressione minima), entrambi importanti per la diagnosi e per il controllo nel tempo. Si può parlare di ipertensione arteriosa solo se la pressione è risultata elevata in almeno due occasioni diverse e in condizioni di riposo. La linea di demarcazione che separa i livelli normali da quelli patologici non è netta e oggi si tende a considerare ""normale"" una pressione diastolica inferiore a 85, ""sospetta"" tra 85 e 90 ed elevata sopra i 90. La pressione sistolica non deve invece superare 140 valori tra 140 e 160 sono considerati ""ipertensione sistolica lieve"". Per definire il trattamento più opportuno, la valutazione del paziente iperteso deve tener conto del suo profilo di rischio generale (ossia della presenza di altri fattori negativi a livello circolatorio). Un'ipertensione arteriosa non ben controllata causa nel tempo danni a carico di diversi organi, per esempio reni e occhi, e aumenta il rischio di ictus e di infarto o scompenso cardiaco. Per questo motivo è essenziale assumere regolarmente i farmaci antipertensivi e sottoporsi periodicamente sia a controlli della pressione arteriosa sia ad alcuni accertamenti specifici come elettrocardiogramma, ecografia cardiaca e controlli oculistici. La cura dell'ipertensione arteriosa deve essere continuativa e spesso dura tutta la vita. In genere occorre ridurre il consumo di sale ed eccitanti come caffè, alcolici e tabacco va inoltre tenuto sotto controllo il peso corporeo, intervenendo sul sovrappeso ove presente, e in alcuni casi è utile una blanda e regolare attività fisica. Nei casi di ipertensione lieve spesso questi provvedimenti sono sufficienti a far rientrare i valori nella norma negli altri è indispensabile fare ricorso a farmaci specifici, che il medico prescrive in relazione alle caratteristiche del paziente iperteso: diuretici, betabloccanti, calcio-antagonisti, ACE-inibitori, antagonisti dei recettori dell'angiotensina (sartani). I farmaci antipertensivi possono talvolta produrre effetti collaterali come tosse, debolezza, gonfiore delle caviglie e disturbi sessuali, che vanno segnalati al medico per valutare la possibilità di modificare le dosi o cambiare approccio terapeutico, fino a ottenere quello più idoneo.
Condizione patologica caratterizzata dall'aumento della pressione del sangue all'interno del circolo polmonare, cui fa seguito la dilatazione o l'ipertrofia del ventricolo destro del cuore. è causata da fattori come l'aumentata viscosità ematica o una lesione ai vasi, tipici di patologie quali embolie polmonari recidivanti, fibrosi cistica, granulomatosi e pneumoconiosi, oppure associati a malattie neurologiche e alterazioni della cassa toracica che compromettono i processi respiratori. La sintomatologia varia con l'evolversi della patologia: nella fase detta di compenso, quando l'organismo riesce ancora a controllare la situazione, si presentano dispnea e tosse persistente al momento dello scompenso vero e proprio si manifestano invece i segni tipici della congestione venosa, ovvero edemi periferici, asciti, aumento delle dimensioni del fegato e del calibro della giugulare.
Condizione patologica caratterizzata da un innalzamento della pressione all'interno della vena porta. In genere l'ipertensione portale è una conseguenza della cirrosi epatica, responsabile del malfunzionamento delle venule del fegato. Per superare tale condizione l'organismo crea nuove vie di comunicazione tra la vena porta e la circolazione generale, ma questo fa sì che le sostanze tossiche e i prodotti di scarto rientrino in circolo senza il filtro del fegato, danneggiando l'organismo a vari livelli. Tra le principali complicazioni dell'ipertensione portale vi sono l'emorragia da varici esofagee e l'encefalopatia porto-sistemica alcune possono essere trattate chirurgicamente mediante il cosiddetto shunt porto-sistemico oppure somministrando betabloccanti per controllare i valori della pressione, mentre in presenza di cirrosi non esistono terapie efficaci e la patologia è irreversibile.
Eccessivo innalzamento della temperatura corporea, conseguente in genere a esercizio fisico intenso o a difficoltà di dispersione, per esempio in presenza di elevata umidità. Non si tratta di una patologia ma del sintomo di un'anomalia in corso, pertanto non risponde al trattamento con farmaci antipiretici.
Patologia ereditaria che si manifesta in seguito all'inalazione di anestetici o all'assunzione di miorilassanti (succinilcolina), con un repentino innalzamento della temperatura corporea, che può raggiungere anche i 41°C. In assenza di un evento scatenante la malattia rimane silente, anche se talvolta i pazienti che ne sono affetti possono presentare valori di creatinfosfochinasi molto superiori alla norma. Al momento della manifestazione occorre somministrare dantrolene e garantire il supporto delle funzioni vitali.
Disturbo dell'umore caratterizzato da atteggiamenti di emotività eccessiva, come per esempio ansia e logorrea. In relazione all'intensità delle manifestazioni viene trattato con benzodiazepine, antidepressivi o psicoterapia.
Anomalo ingrossamento del timo, con aumento della sua attività: in condizioni normali, infatti, tale ghiandola va incontro a una progressiva atrofizzazione dopo la pubertà. La terapia è in genere chirurgica (timectomia parziale o totale).
Aumento degli ormoni tiroidei nel sangue. Può essere dovuto a una malattia della tiroide, all'assunzione di farmaci ad alto contenuto di iodio oppure a una eccessiva somministrazione di ormoni tiroidei, per errore terapeutico in corso di trattamento dell'ipotiroidismo o per impiego erroneo di ormoni tiroidei a scopo dimagrante. In rarissimi casi l'ipertiroidismo è legato a un tumore benigno (adenoma) della ghiandola ipofisi che aumenta la secrezione dell'ormone che stimola la tiroide (TSH). La patologia si manifesta con debolezza, intolleranza al caldo, sudorazione, nervosismo, palpitazioni, insonnia e perdita di peso con appetito conservato. Un segno frequente è l'esoftalmo, ovvero i globi oculari sporgenti, che interessa il 50 per cento circa dei pazienti. La frequenza cardiaca a riposo risulta più alta, come anche la pressione arteriosa la tiroide può ingrandirsi, con aumento della circonferenza del collo. Il dosaggio degli ormoni tiroidei e del TSH è sufficiente per diagnosticare la condizione di ipertiroidismo, mentre per evidenziarne la causa occorrono ulteriori esami come ecografia, scintigrafia e dosaggio degli anticorpi antitiroide. Il trattamento è chirurgico (tiroidectomia) oppure farmacologico.
Irrigidimento del tono muscolare che rende difficoltoso l'allungamento dei muscoli. L'ipertonia può essere di due tipi: piramidale ed extrapiramidale. La prima, caratterizzata da rigidità spastica, insorge in presenza di lesioni del midollo spinale, sclerosi laterale amiotrofica e siringomielia e colpisce i muscoli flessori degli arti superiori e gli estensori degli arti inferiori. L'ipertonia extrapiramidale invece è tipica della malattia di Parkinson e interessa contemporaneamente flessori ed estensori, per cui si parla di rigidità plastica.
Disturbo tipico della donna caratterizzato da un'eccessiva peluria a livello di ascelle, pube e avambracci. In genere dipende dalla maggiore sensibilità cutanea agli androgeni, ma talvolta può essere associato a una patologia del sistema endocrino, per esempio l'ovaio policistico o la sindrome surrenogenitale. In alcuni casi l'ipertricosi è la prima manifestazione dell'irsutismo.
Incremento della percentuale di trigliceridi nel plasma, dovuto principalmente a una dieta ricca di zuccheri o grassi ma che può manifestarsi anche in presenza di diabete mellito di tipo II, sindrome nefrosica, pancreatite acuta e ipopituitarismo, oppure in seguito all'assunzione di estrogeni o cortisonici. La contemporanea presenza di ipercolesterolemia è un importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari.
Termine generico utilizzato per indicare l'aumento delle dimensioni di un organo o dello spessore di un tessuto, conseguente all'accrescimento del volume cellulare. è spesso un fenomeno fisiologico, per esempio nel caso dell'utero durante la gravidanza la cosiddetta ipertrofia da adattamento invece è quella che si manifesta nei pazienti affetti da ipertensione e interessa il muscolo cardiaco.
Condizione che compare tipicamente negli uomini a partire dai 50 anni, caratterizzata dall'aumento di volume della prostata. Ne derivano disturbi che progressivamente si accentuano, quali difficoltà a urinare, risvegli notturni per svuotare la vescica, riduzione della pressione del getto urinario e bisogno di urinare appena si avverte lo stimolo. La prostata può ingrossarsi in modo uniforme o presentare un tumore benigno (adenoma) che può deformare o schiacciare l'uretra, aggravando i disturbi urinari in questo caso si parla di ipertrofia prostatica benigna. Un'ipertrofia prostatica è facile da apprezzare con l'esplorazione rettale e viene confermata dall'ecografia. Può essere trattata con farmaci e, nei casi più gravi, anche mediante un intervento chirurgico eseguito con intervento tradizionale (taglio, apertura della vescica e asportazione della prostata) o attraverso l'uretra con appositi strumenti.
Conosciuta anche con la sigla IPB, è una condizione caratterizzata da un accrescimento più o meno uniforme della ghiandola prostatica. è molto frequente negli uomini al di sopra dei 50 anni ed è dovuta sia al fisiologico invecchiamento dei tessuti sia a fattori ormonali. I primi sintomi sono aumento dello stimolo ad urinare (pollachiuria) e dolori durante l'atto (stranguria), che possono complicarsi con infezioni delle vie urinarie e incontinenza. In genere occorrono un'esplorazione rettale e un'ecografia per accertare la natura benigna dell'ipertrofia il trattamento si basa su farmaci che contrastano l'aumento di volume (finasteride) o che favoriscono il normale flusso urinario. Nei casi più gravi può essere opportuna una terapia chirurgica.
Eccessivo incremento della percentuale di acido urico nel sangue (uricemia). L'iperuricemia è il risultato di una minore escrezione dell'acido urico o di una sua maggiore produzione: in quest'ultimo caso viene in genere ricondotta ad anomalie metaboliche o ad iperlipidemie. Può essere del tutto asintomatica oppure manifestarsi con nefropatie, calcolosi o gotta. Il trattamento è volto a preservare la funzionalità renale e si basa su specifici farmaci in grado di ricondurre l'uricemia su valori normali.
Fenomeno caratterizzato da un innalzamento della frequenza e della profondità dei singoli atti respiratori, in seguito al quale si assiste all'aumento dell'ossigeno e alla contemporanea diminuzione dell'anidride carbonica nel sangue. Si innesca in presenza di scarsa ossigenazione ematica (dovuta per esempio a patologie polmonari o cardiache), acidosi metabolica ma anche di situazioni ansiose o stressanti e si manifesta con palpitazioni, tremori, vertigini e perdita della coscienza.
Farmaci somministrati per indurre uno stato di sonnolenza o sedazione nel quadro di numerose patologie: sono ipnotici, per esempio, i barbiturici e le benzodiazepine. Occorre rispettare le dosi prescritte dal medico in quanto l'assunzione di quantità eccessive di ipnotici può causare arresto respiratorio e coma.
Patologia del sistema endocrino caratterizzata da un deficit di aldosterone e dovuta al malfunzionamento delle ghiandole surrenali, responsabili della sua secrezione. Si manifesta con disidratazione, vomito, anoressia, ipotensione arteriosa, riduzione del sodio e incremento del potassio. L'ipoaldosteronismo può essere accompagnato dalla contemporanea carenza di cortisolo o da ridotta secrezione di renina la cosiddetta iperplasia surrenale congenita invece colpisce il neonato ed è dovuta alla mancanza di un particolare enzima necessario per la sintesi dell'ormone.
Dieta caratterizzata da un apporto calorico inferiore al fabbisogno quotidiano. Tale condizione può essere transitoria, per esempio in presenza di interventi chirurgici di un certo rilievo, oppure patologica e conseguente ad anoressia, diarrea cronica o malnutrizione.
Condizione patologica caratterizzata dalla carenza di calcio nel sangue (calcemia). Le principali cause scatenanti sono deficit di paratormone (o ridotta sensibilità degli organi bersaglio), pancreatite acuta, insufficienza renale e bassi livelli di vitamina D. Le manifestazioni più comuni sono formicolii, spasmi muscolari o tremori e irritabilità.