Malattia del polmone caratterizzata da una sorta di intrappolamento di aria all'interno dell'organo che non viene utilizzata ai fini della respirazione. L'enfisema insorge a causa della distruzione delle pareti degli alveoli polmonari e della perdita di elasticità del polmone. Ne consegue che gli scambi respiratori tra aria e sangue sono difficoltosi, con conseguente riduzione del contenuto di ossigeno e aumento dell'anidride carbonica (la cosiddetta insufficienza respiratoria). Si pensa che la distruzione della parete degli alveoli avvenga per azione di alcuni enzimi (proteasi) prodotti dai globuli bianchi nel corso di ripetute reazioni infiammatorie. All'interno delle pareti polmonari esistono normalmente sostanze protettive che bloccano l'azione nociva di tali enzimi, ma se gli episodi di infiammazione si cronicizzano la loro efficacia protettiva viene notevolmente diminuita. Questo accade in particolare nei fumatori, nelle persone esposte all'inquinamento atmosferico o soggette a ripetute infezioni. In alcuni individui inoltre vi può essere una carenza congenita (deficit di alfa-1-antitripsina) e in questi casi l'enfisema si sviluppa precocemente anche in assenza di stimoli infiammatori particolarmente intensi. Il sintomo principale dell'enfisema è la dispnea, la cui intensità è proporzionale alla gravità della malattia: nelle forme lievi si manifesta solo durante gli sforzi, mentre in quelle più gravi persiste anche a riposo causando una grave limitazione dell'autonomia del soggetto. Inoltre può comparire cianosi alle labbra, ai lobi delle orecchie e alla punta delle dita il torace appare dilatato ed è associato a vistosi movimenti e sforzi durante la respirazione. Ai sintomi dell'insufficienza respiratoria si aggiunge spesso un gonfiore (edema) agli arti inferiori dovuto allo scompenso cardiaco che facilmente coesiste, situazione nota come cuore polmonare. Tra gli esami diagnostici, la spirometria riveste un ruolo essenziale per capire se la difficoltà respiratoria sia effettivamente dovuta all'enfisema o ad altre cause. In alcuni casi la radiografia del torace o meglio la TAC del polmone forniscono elementi decisivi per la diagnosi. La concentrazione di ossigeno e di anidride carbonica nel sangue può essere controllata mediante prelievo di sangue direttamente da un'arteria (emogasanalisi arteriosa). L'enfisema è una condizione di danno anatomico irreversibile è tuttavia possibile intervenire per evitare ulteriori peggioramenti, abolendo il fumo o l'esposizione agli inquinanti atmosferici e trattando eventuali infezioni polmonari. Nei casi più gravi si rende necessario il trattamento cronico con ossigeno per 15-18 ore al giorno.
Sigla utilizzata per indicare l'elettronistagmografia. Si tratta di una procedura diagnostica che consente di registrare i movimenti involontari degli occhi (nistagmo).
Condizione in cui il bulbo oculare appare infossato all'interno dell'orbita. Può essere congenita o acquisita e in quest'ultimo caso è conseguente a fratture o ad un cedimento del tessuto molle orbitario.
Farmaco antitrombotico impiegato nei pazienti ad alto rischio di embolia, oppure nelle fasi acute dell'ictus. Rispetto all'eparina, di cui è un derivato a basso peso molecolare, è associato a un minore rischio di emorragia.
Microrganismo del gruppo dei protozoi che infetta prevalentemente l'uomo e gli altri primati. Per quanto riguarda l'uomo, l'infezione avviene attraverso l'ingestione di cibi contaminati dalle cisti, la forma con cui questi microrganismi sopravvivono nell'ambiente esterno. Raggiunto l'intestino le cisti si rompono e liberano i cosiddetti trofozoiti, che si impiantano nell'intestino crasso e provocano diarrea mucosanguinolenta, colite, infiammazione e ulcere. La presenza del parassita viene individuata grazie all'esame delle feci e il trattamento è a base di metronidazolo.
Dolore a livello del tratto intestinale dovuto a semplici disturbi della motilità, oppure a processi infiammatori o neoplastici in corso. Se si protrae per lunghi periodi di tempo è necessario comunicarlo al proprio medico, che potrà valutare l'opportunità di indagini più approfondite.
Intervento chirurgico che prevede l'asportazione di un tratto dell'intestino. Si ricorre all'enterectomia in presenza di neoplasie infiltranti o di lesioni di tipo ischemico.
Disturbo infiammatorio che interessa la mucosa dell'intestino tenue. è in genere associata a colite o gastrite, ma può essere una manifestazione di infezioni in corso oppure del morbo di Crohn.
Operazione chirurgica necessaria per collegare due tratti di intestino in seguito all'asportazione di una sua parte.
Detto anche clistere, l'enteroclisma è l'introduzione di liquidi nell'intestino attraverso il retto. Fatto semplicemente con acqua è utile per rimuovere feci ristagnanti in caso di stitichezza o per effettuare un lavaggio intestinale prima di un'endoscopia. Fatto con sostanze antiinfiammatorie aiuta invece a calmare l'infiammazione in caso di malattie intestinali.
Tipo di batteri del genere Streptococcus, caratterizzati da forma sferica e dalla disposizione a coppie o catenelle. Sono normalmente presenti nella flora batterica intestinale e possono talvolta essere all'origine di infezioni delle vie urinarie o di infiammazioni dell'endocardio. Uno dei più conosciuti è lo Streptococcus faecalis.
Grave infiammazione del tratto di mucosa intestinale del colon e del tenue. Può essere scatenata da diversi fattori, come per esempio infezioni o allergie. Si manifesta con dolori addominali e diarrea nelle forme acute possono comparire anche febbre alta e feci sanguinolente, che possono richiedere un trattamento d'urgenza. La terapia di base prevede riposo, digiuno per un paio di giorni e assunzione di liquidi in alcuni casi possono essere utili farmaci che riducono l'attività intestinale.
Patologia intestinale dovuta a morbo celiaco (ovvero intolleranza alimentare al glutine) o, più spesso, a disfunzioni dei villi intestinali. In quest'ultimo caso è associata a malassorbimento, diarrea e calo ponderale.
Tecnica chirurgica utilizzata per fissare l'intestino alla parete addominale. Si ricorre all'enteropessia quando occorre mantenere un tratto intestinale nella sua sede o evitare il formarsi di aderenze tra le anse.
Condizione caratterizzata dallo spostamento dell'intestino verso il basso e in avanti in seguito a indebolimento della parete addominale o dei legamenti. I sintomi principali sono stitichezza, dolore addominale, disturbi della digestione e vomito e il trattamento prevede l'impiego di speciali cinture elastiche contenitive, accompagnato da esercizi per rinforzare la muscolatura dell'addome. Nei casi più gravi è necessario un intervento chirurgico di fissazione dell'intestito alla parete addominale (enteropessia).
Emorragia intestinale correlata a malattie di varia natura come emorroidi, ulcere o tumori. Il colore del sangue è spesso indice del luogo d'origine dell'emorragia: quando proviene da colon e retto è rosso, mentre è nero se arriva da stomaco, duodeno o intestino tenue (questo perché gli enzimi digestivi ossidano l'emoglobina). La terapia dipende dalla causa specifica.
Operazione chirurgica praticata per congiungere un'ansa dell'intestino alla parete addominale, allo scopo di consentire al paziente l'espulsione delle feci attraverso un'apertura alternativa all'ano. è necessaria in caso di interventi che prevedono l'asportazione di importanti tratti di intestino quali colon e retto.
Sostanza di natura proteica che può essere prodotta da batteri sia Gram-positivi, sia Gram-negativi, in grado di svolgere un'azione letale o comunque tossica per l'organismo. Esistono diversi tipi di enterotossine: alcune agiscono sulle cellule intestinali provocando diarrea, altre vengono classificate sulla base dei loro effetti in citolitiche (alterano la membrana cellulare delle cellule bersaglio), neurotrope (colpiscono solo le cellule nervose) o pantrope (colpiscono qualsiasi tipo di cellula).
Esame dell'occhio eseguito per verificare la trasparenza della cornea, della camera anteriore, del cristallino e dell'umor vitreo.
Disturbo caratterizzato dal ripiegamento della palpebra verso l'interno dell'occhio. Tale anomalia provoca lo sfregamento delle ciglia contro il bulbo oculare e quindi ulcerazioni corneali e congiuntivite. L'entropion può essere dovuto a contrazione spastica dei muscoli palpebrali oppure a lesioni traumatiche o infiammazioni delle palpebre e della congiuntiva. Esiste inoltre una forma congenita di entropion che colpisce i lattanti e che in genere guarisce spontaneamente. Il disturbo può essere corretto mediante uno specifico intervento chirurgico detto blefaroplastica.