Detti anche inibitori dell'appetito, sono farmaci che diminuiscono il senso dell'appetito inducendo un senso di sazietà. Possono agire sul sistema nervoso centrale, inibendo i centri di controllo della fame, oppure a livello dell'apparato digerente, ostacolando l'assorbimento del cibo. Si tratta in genere di derivati dell'amfetamina quali fenfluramina, fendimetrazina e mazindole e vengono utilizzati nel trattamento dell'obesità grave, sotto stretto controllo medico e per periodi molto brevi: come tutte le amfetamine possono infatti dare dipendenza fisica e psicologica. Sono accompagnati da numerosi effetti collaterali, per esempio ansia, irritabilità, tachicardia, cefalea e insonnia, per cui non devono essere somministrati in presenza di patologie cardiovascolari, nell'ipertiroidismo e in soggetti depressi.
Disturbo della funzione sessuale che si manifesta con l'incapacità, sia per l'uomo che per la donna, di raggiungere l'orgasmo durante un atto sessuale per il resto regolare. Il disturbo ha molto spesso origini psicologiche, ma talvolta può essere correlato all'assunzione di antidepressivi o tranquillanti, a una neuropatia diabetica o ad altre malattie neurologiche.
Assenza o diminuzione dell'ossigeno nel sangue e, di conseguenza, nei tessuti. Le ripercussioni sull'organismo possono anche essere molto gravi. Ne esistono diversi tipi. L'anossia cerebrale, in genere conseguente ad arresto cardiaco, causa una riduzione dell'apporto di ossigeno al cervello nell'anossia fetale, la mancanza di ossigeno al feto, dovuta in genere a complicazioni nel parto, può provocarne anche la morte. Per anossia anemica si intende un'anossia dovuta alla diminuzione dei livelli di emoglobina nel sangue l'anossia miocardica consiste, invece, in un mancato apporto di ossigeno al cuore per aterosclerosi delle coronarie.
Notevole riduzione della quantità di ossigeno nel sangue arterioso che causa anossia. Può essere causata da mal d'altitudine, anemia, alterazioni dell'emoglobina congenite o acquisite, avvelenamento da monossido di carbonio, malattie croniche polmonari o cardiache.
Stato emotivo di disagio e paura caratterizzato da una forte sensazione di apprensione e di pericolo imminente e accompagnato da disturbi fisici quali tremore, sudorazione, palpitazione cardiaca e tensione muscolare. In realtà, il pericolo è inesistente o non ben identificabile e comunque la reazione emotiva è sproporzionata rispetto alla sua entità. In particolari situazioni l'ansia è del tutto normale diventa invece una malattia quando si manifesta in misura eccessiva o in modo persistente in relazione a situazioni di vita del tutto regolari. Il disturbo d'ansia è una malattia molto diffusa, colpisce le donne tre volte più degli uomini e tende a presentarsi con maggiore frequenza nei figli di soggetti ansiosi. In genere compare in età giovanile, ma spesso gli stadi iniziali della malattia sono difficilmente individuabili. Quasi sempre ha un andamento cronico, seppure con alternanza di periodi di benessere e di ricomparsa dei disturbi, ed è spesso accompagnata da disturbi di tipo depressivo (per esempio malumore e perdita di interesse per le cose).
Eccesso d'ansia da parte di un individuo che ritiene assolutamente indispensabile il successo in una prestazione di qualsiasi tipo (intellettiva, fisica, sportiva). Tale disturbo è per esempio riscontrabile nei manager, negli studenti che devono affrontare un esame ecc. In sessuologia, questo fenomeno può derivare dall'eccessiva preoccupazione di non essere ""all'altezza"" della situazione e può impedire di vivere serenamente il rapporto sessuale.
Forma di ansia che nasce dal timore di perdere i genitori o di separarsi da luoghi familiari, che insorge tipicamente tra gli otto mesi e i due anni di età. In questo arco di tempo può accadere che il bambino pianga e si lamenti ogni volta che il padre o la madre si allontanano, arrivando a scatenare anche vere e proprie crisi caratterizzate da agitazione psicomotoria e pianto incontrollato. Tende a risolversi spontaneamente con la crescita ma se persiste, soprattutto in assenza di eventi quali un lutto o l'effettiva separazione dei genitori, può nascondere un disturbo psicologico di varia entità.
Farmaci impiegati per ridurre e contrastare gli effetti dell'ansia. Gli ansiolitici sono fra i farmaci più prescritti e la categoria maggiormente rappresentativa è quella delle benzodiazepine. Agiscono sul sistema nervoso centrale inibendo la sproporzionata reazione emotiva agli stimoli anche grazie una leggera sedazione. Sono particolarmente efficaci nel disturbo d'ansia generalizzata e nello stress somatizzato, ma sono usati anche negli attacchi di panico e nelle reazioni ansiose alle malattie organiche, soprattutto se acute. Gli effetti collaterali più frequenti sono calo della concentrazione e della velocità di reazione. Possono inoltre dare assuefazione e dipendenza.
Agente che si oppone, che esercita un'azione contrastante. In anatomia, i muscoli antagonisti sono quelli che, nella stessa zona corporea, generano movimenti opposti. I farmaci antagonisti, invece, contrastano o annullano le azioni di alcune sostanze che vengono naturalmente prodotte all'interno del nostro organismo.
Particolare sostanza in grado di inibire la sintesi di un ormone o di bloccarne l'azione: in genere si tratta di altri ormoni. Gli antagonisti ormonali possono essere impiegati come farmaci nella terapia delle patologie del sistema endocrino.
Sostanze che hanno la capacità di neutralizzare l'eccesso di acidità gastrica, proteggendo chimicamente la mucosa di esofago, stomaco e duodeno. Alcuni di essi agiscono direttamente all'interno dello stomaco, mentre altri manifestano azione indiretta, inibendo la produzione di succhi gastrici. I principi attivi più comuni sono il bicarbonato e i sali di calcio, magnesio e alluminio, presenti da soli o associati tra loro in compresse masticabili o in sospensioni per uso orale.
Farmaci che riducono la capacità delle piastrine di aderire tra loro e alle pareti di un vaso lesionato. Se l'aggregazione delle piastrine, cellule presenti all'interno del sangue, è essenziale nella coagulazione del sangue per arrestare le emorragie, va però detto che interviene anche nel processo di formazione di un trombo (trombosi). I farmaci antiaggreganti piastrinici vengono quindi impiegati per prevenire le trombosi e rallentare la progressione del processo aterosclerotico e, in generale, per prevenire e trattare le malattie cardiovascolari. L'acido acetilsalicilico (la comune aspirina) è il più diffuso farmaco ad azione antiaggregante e la sua azione si manifesta anche a dosaggi inferiori a quelli necessari per un effetto antidolorifico e di abbassamento della temperatura. Anche quasi tutti i farmaci della classe dei FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) hanno effetto antiaggregante, ma meno marcato di quello dell'acido acetilsalicilico. .
Farmaci impiegati nella terapia delle malattie allergiche: contrastano infatti l'abnorme risposta immunitaria responsabile dell'allergia. I principali appartengono a due grandi gruppi, gli antistaminici e i cortisonici, ciascuno comprendente numerose molecole dotate di azione simile. Il loro uso va sempre consigliato dal medico.
Farmaci utilizzati per controllare o prevenire i disturbi del ritmo cardiaco. In base al meccanismo d'azione, possono essere distinti in quattro gruppi. Gli antiaritmici con effetto stabilizzante sulla membrana cellulare, quelli che diminuiscono l'eccitabilità cellulare e i calcioantagonisti agiscono per lo più impedendo l'ingresso o l'uscita di particolari ioni (sodio, calcio o potassio) dalle cellule del cuore. I betabloccanti, invece, bloccano la stimolazione del cuore da parte del sistema nervoso simpatico.
Esame batteriologico per determinare se un microrganismo è sensibile o resistente a un antibiotico. In pratica, il microrganismo patogeno isolato da materiale prelevato a un paziente (muco, sangue ecc.) viene confrontato con diversi antibiotici per individuare quelli a cui è sensibile o resistente. L'antibiogramma serve a condurre una terapia antibiotica mirata.
Farmaci in grado di distruggere vari tipi di microrganismi (in genere batteri, ma anche virus, funghi, ecc.) o di bloccarne la crescita. Il primo antibiotico (la penicillina) fu scoperto casualmente nel 1929 da Alexander Fleming. Di origine biologica, sono attualmente prodotti per sintesi in laboratorio. Svolgono tutti un'azione selettiva che va a colpire le principali strutture biologiche dei batteri, senza causare danni alle cellule degli organismi superiori come l'uomo. Si distinguono in antibiotici ad ampio spettro d'azione, attivi contro diverse specie di batteri, e antibiotici ad azione selettiva su un ristretto numero di microrganismi. Tali farmaci sono fondamentali per la terapia delle malattie infettive e delle infezioni. Talvolta è indispensabile utilizzare contemporaneamente più antibiotici (terapia d'associazione). Aspetti problematici legati al loro utilizzo sono la possibilità di uccisione di microrganismi utili (come la flora intestinale) e la possibilità che un batterio diventi insensibile all'azione di un determinato antibiotico (antibioticoresistenza). Tra gli effetti collaterali riscontrati figurano la comparsa di diarrea o di reazioni allergiche, che possono manifestarsi con un semplice eritema cutaneo o con il più grave shock anafilattico.
Anche detti chemioterapici, sono farmaci capaci di uccidere cellule in fase di replicazione. Vengono talvolta utilizzati nella terapia di alcuni tumori, per esempio quelli del sangue, ma presentano il grave problema della scarsa selettività d'azione. Sono infatti attivi nei confronti sia delle cellule tumorali che di quelle normali dell'organismo.
Farmaci in grado di inibire o ritardare la coagulazione del sangue (per esempio, warfarin, eparina ecc.). Agiscono in particolare sui meccanismi di formazione e attività della protrombina e di altri fattori di coagulazione, consentendo sia di ridurre coaguli già formati che di evitare che se ne formino di nuovi. Sono utilizzati per la prevenzione e il trattamento di trombosi, embolie e, in genere, malattie cardiovascolari. Trovano anche impiego preventivo in pazienti costretti a rimanere a lungo immobilizzati. La capacità di coagulazione del sangue del paziente in trattamento deve essere continuamente monitorata in quanto, se l'azione degli anticoagulanti risulta eccessiva, aumentano i rischi di emorragia spontanea o conseguente a traumi. Poiché molte sostanze presenti sia in prodotti farmaceutici da banco che in prodotti erboristici possono interferire con il dosaggio degli anticoagulanti, il paziente dovrebbe consultare il medico prima di fare uso di tali prodotti. Anche la dieta deve essere regolata, in particolare per quanto riguarda i cibi ricchi in vitamina K (verdure a foglia verde e fegato) e gli alcolici.
Farmaci in grado di ridurre la capacità del sangue di coagulare. Derivano dal dicumarolo, sostanza vegetale contenuta nel trifoglio dolce, e vengono assunti per via orale. Agiscono in particolare bloccando l'azione della vitamina K, la vitamina grazie alla quale avviene nel fegato la sintesi dei fattori di coagulazione. Sono impiegati per la prevenzione e il trattamento di trombosi, embolie e, in generale, di malattie cardiovascolari. Anche in questo caso, valgono le stesse avvertenze indicate per gli anticoagulanti.
Farmaci antagonisti dell'acetilcolina, in grado cioè di bloccare la trasmissione degli impulsi mediati dal neurotrasmettitore acetilcolina a livello di sistema nervoso parasimpatico. Sono impiegati nel trattamento degli spasmi, del mal di mare, del morbo di Parkinson.