Terapia basata sull'inalazione e sull'applicazione di oli essenziali estratti da piante, radici, semi, fiori e foglie, per migliorare la salute mentale, fisica ed emotiva. L'olio può essere applicato in piccole quantità mediante massaggio (in modo da farlo penetrare nella pelle), inalato, oppure disciolto nell'acqua del bagno. La ben nota capacità di alcuni oli di tonificare e di migliorare l'aspetto della pelle è molto sfruttata in cosmesi, e per questo vengono addizionati a creme o lozioni ad azione idratante ed elasticizzante. In base ai principi dell'aromaterapia, gli oli essenziali, oltre a profumare il corpo, sarebbero in grado di influire anche sull'umore e su alcune funzioni dell'organismo. Si ritiene, anche se non è scientificamente provato, che le varie essenze siano efficaci nei disturbi psicosomatici e che possano agire come antivirali, antinfiammatori, disintossicanti, calmanti e antidolorifici.
Cessazione dell'attività contrattile del cuore con conseguente arresto della circolazione sanguigna. Si associa ad assenza totale di attività elettrica cardiaca (asistolia) o ad attività elettrica caotica (fibrillazione ventricolare). L'arresto cardiaco può insorgere improvvisamente, anche senza una causa apparente, o essere la conseguenza di traumi o malattie acute (per esempio infarto, emorragia, trauma, folgorazione, avvelenamento e così via) o infine come evento terminale dovuto a una patologia cronica (arresto cardiaco terminale). I segni di un arresto cardiaco sono la perdita di coscienza, l'assenza delle pulsazioni arteriose a livello delle arterie carotide e femorale e l'arresto del respiro. Se la condizione di base che ha causato l'arresto cardiaco lo consente, le pratiche di rianimazione cardiorespiratoria di base (massaggio cardiaco e respirazione artificiale) praticate entro 3-5 minuti consentono di salvare il paziente inoltre, l'impiego di un defibrillatore portatile nei primi minuti, anche da parte di personale paramedico, ha migliorato in modo significativo le probabilità di sopravvivenza in caso di arresto cardiaco dovuto a fibrillazione ventricolare.
Elemento metallico di colore grigio-bianco, che può trovarsi nel suolo, nell'acqua, in numerosi pesticidi, in alcuni coloranti e nei prodotti per la pulizia della casa. Tracce minime sono state trovate anche in alcuni vegetali e animali e nelle uova. L'inalazione o l'ingestione di arsenico determina nausea, vomito, diarrea, dolori addominali e crampi muscolari, fino a esiti anche letali. L'ingestione di piccole quantità per lunghi periodi può causare, invece, desquamazione e alterazioni del colorito della pelle, stanchezza, mal di testa e formicolio alle mani e ai piedi, dovuto al danneggiamento dei nervi periferici.
Vaso sanguigno che trasporta sangue ricco di ossigeno, dal cuore ai tessuti organici. L'unica eccezione è costituita dall'arteria polmonare, che trasporta invece sangue non ossigenato dal cuore ai polmoni. La struttura delle arterie è composta da una parete di tessuto suddivisa in tre strati o tonache grazie alla presenza di cellule muscolari lisce è inoltre dotata di grande elasticità, necessaria per bilanciare la pressione sanguigna con le pulsazioni cardiache. La principale arteria dell'organismo è l'aorta, che origina dal ventricolo sinistro e si dirama fino a raggiungere tutti gli organi e i tessuti.
Grande vaso arterioso che irrora l'arto inferiore. Origina dall'arteria iliaca esterna e scende nella coscia, in un zona chiamata lacuna vasorum giunta al termine del canale dei muscoli adduttori, continua nell'arteria poplitea. Dall'arteria femorale prendono origine l'arteria femorale superficiale, l'arteria femorale profonda, l'arteria pudenda esterna e l'arteria suprema del ginocchio.
Vaso sanguigno deputato al trasporto del sangue non ossigenato dal cuore ai polmoni. Origina dal ventricolo destro e dopo un breve tratto (il cosiddetto tronco polmonare) si biforca in due arterie più piccole chiamate arteria polmonare destra e arteria polmonare sinistra, che si dirigono ai rispettivi polmoni. Entrambe si dividono in vasi di calibro progressivamente minore, denominati arteriole e capillari polmonari, in modo da raggiungere tutte le cellule del tessuto polmonare. Il sangue che scorre all'interno dell'arteria polmonare è di tipo venoso, ossia ricco di anidride carbonica, proviene dai vari distretti dell'organismo e viene trasportato ai polmoni per essere ossigenato.
Vaso sanguigno di grosso calibro che dalla base del collo giunge a irrorare il braccio (diventando arteria ascellare e successivamente arteria brachiale). Esistono quindi un'arteria succlavia destra e una sinistra, tra loro leggermente differenti: la prima origina dall'arteria anonima, segue l'estremità superiore del polmone e diventa arteria ascellare all'altezza della prima costola la sinistra invece origina dall'aorta e quindi ha un decorso più breve.
Vaso arterioso di piccolo calibro (circa 0,2 mm di diametro) che unisce un'arteria a un gruppo di capillari. L'arteriola è strutturata in modo da restringersi o dilatarsi in rapporto al fabbisogno di sangue da parte dei tessuti che essa irrora.
Intervento chirurgico effettuato per la ricostruzione o la riparazione di arterie ristrette, ostruite e indebolite. Si rende necessario soprattutto in caso di aneurisma, dilatazione irreversibile della parete arteriosa, con perdita di elasticità.
Processo morboso che colpisce le arterie provocando l'ostruzione del lume e l'indurimento della parete, con conseguente riduzione del flusso di sangue diretto ai vari organi del corpo umano. Il processo può colpire qualsiasi arteria e interessa in genere tutto l'organismo inizia già in età giovanile ma le sue conseguenze sullo stato di salute diventano evidenti in genere dopo i 40 anni, quando si manifestano i primi segni di insufficiente apporto di sangue nei distretti colpiti. Quando l'arteriosclerosi interessa le arterie del cuore (coronarie) insorge la cosiddetta cardiopatia ischemica, che può manifestarsi come angina pectoris o come un vero e proprio infarto del miocardio. L'ostruzione delle arterie cerebrali causa una riduzione dell'apporto di sangue al cervello (ischemia cerebrale), che può portare all'ictus. Se vengono colpite le arterie degli arti inferiori insorge la vasculopatia periferica, che esordisce con difficoltà e dolori nel cammino prolungato e, con l'aggravarsi della mancanza di flusso sanguigno, evolve verso la gangrena, una condizione molto grave che può determinare anche la perdita di un arto. L'arteriosclerosi non risparmia alcun organo e può dare origine a disturbi di varia natura: una disfunzione erettile, disturbi della vista e dell'udito e perfino particolari dolori addominali. Il processo inizia con il deposito di lipidi sulla parete interna delle arterie, fenomeno indotto da un'eccessiva presenza di grassi nel sangue, specialmente sotto forma di colesterolo LDL. Si formano quindi vere e proprie placche arteriose, dette ateromi (da cui il termine aterosclerosi usato in sostituzione del più comune arteriosclerosi), che progressivamente restringono il lume dell'arteria colpita. La crescita di volume delle placche comporta una riduzione del flusso di sangue ai tessuti irrorati dall'arteria colpita, con conseguente ischemia. Talvolta la placca va incontro a rottura, dando origine a un coagulo locale (trombosi) che ostruisce improvvisamente e completamente l'arteria, bloccandone del tutto il flusso di sangue: questo è il meccanismo con cui si sviluppa un infarto cardiaco o un ictus. Fattori di rischio per l'insorgenza dell'arteriosclerosi sono una dieta ricca di grassi, il fumo, l'elevata pressione arteriosa, il diabete mellito e l'aumento dell'omocisteina. Le sostanze antiossidanti, le statine (farmaci comunemente usati per ridurre il tasso di colesterolo nel sangue), alcune vitamine e in particolare i farmaci ad azione anticoagulante possono invece proteggere, in misura più o meno completa, da questa pericolosa catena di eventi. Esistono anche veri e propri meccanismi di difesa che si oppongono alla formazione delle placche, rimuovendo l'eccesso di colesterolo dalla parete dell'arteria.
Infrequente condizione infiammatoria, di origini sconosciute, che interessa l'aorta e le sue branche principali e che si verifica soprattutto nelle giovani donne, specialmente di origine asiatica o africana. Si può verificare un aneurisma, con conseguente rottura dei vasi coinvolti. La dilatazione aneurismatica dei grandi vasi può causare la mancanza dei polsi a livello degli arti superiori, mentre la pressione arteriosa a livello dei vasi degli arti inferiori può superare quella degli arti superiori (cosiddetta coartazione inversa). Altre complicanze dovute alla riduzione del flusso arterioso sono l'interessamento renale con ipertensione, disturbi neurologici e disturbi del visus. è possibile anche l'associazione di sintomi reumatici come artrite, mialgia, pleurite, pericardite, febbre ed eruzione cutanea. La prognosi è molto variabile e la terapia consiste nell'uso di corticosteroidi e farmaci citotossici.
Nota anche come Arterite gigantocellulare, si tratta di un'infiammazione cronica che colpisce prevalentemente arterie di medio e grosso calibro e in particolare l'arteria temporale. Colpisce soggetti (prevalentemente uomini) al di sopra dei 50 anni ed è caratterizzata dalla presenza di cellule giganti. La causa è sconosciuta, sebbene si ipotizzi un'origine autoimmune. Può comportare inspessimento della parete arteriosa, con restringimento del lume e aumento della VES. Altri sintomi sono rappresentati da febbre, mal di testa da uno o da entrambi i lati del capo, dolore alla palpazione del cuoio capelluto (particolarmente sulle tempie), dolore mandibolare durante la masticazione. Un'altra frequente complicanza neurologica è la neuropatia ottica su base ischemica. La diagnosi si basa principalmente sull'esame delle arterie temporali (che possono risultare dilatate, dolenti, scarsamente pulsanti, con noduli palpabili), su esami di laboratorio (analisi della VES) e infine sulla biopsia dell'arteria temporale. La terapia si avvale dell'uso di corticosteroidi.
Struttura anatomica che costituisce il punto di unione tra due ossa. Lo scheletro umano presenta tre tipi di articolazioni: mobili, semimobili e fisse. Le articolazioni mobili sono quelle che consentono movimenti ampi, come per esempio l'articolazione del ginocchio, del gomito, del polso o della spalla. La loro struttura è caratterizzata dalla membrana articolare, che avvolge le due estremità ossee e contribuisce a mantenere stabile l'articolazione (insieme con tendini e legamenti), e dalla cosiddetta membrana sinoviale, posta tra le due ossa e deputata alla secrezione del liquido sinoviale quest'ultimo ha la funzione di ammortizzare gli urti e facilitare lo scorrimento delle cartilagini ossee durante i movimenti. Le articolazioni semimobili sono per esempio quelle delle vertebre, mentre quelle fisse sono le cosiddette suture del cranio. Le articolazioni, in particolare quelle mobili, sono soggette a frequenti traumi e patologie infiammatorie.
Connessione articolare tra le ossa della clavicola e dell'acromion scapolare. L'articolazione acromioclavicolare presenta una capsula che accoglie la testa dell'omero e svolge una funzione simile a quella di un recinto, limitandone i movimenti è una struttura anatomica soggetta di frequente a infiammazioni o traumi (lussazioni).
Struttura anatomica che connette tra loro mandibola e osso temporale. Tale articolazione rende possibili l'apertura e la chiusura della bocca e alcuni movimenti laterali essenziali per una corretta masticazione e fonazione.
Struttura anatomica, detta comunemente caviglia, che collega le ossa del piede (tarso) con quelle della gamba (tibia). Le estremità delle due ossa della gamba (tibia e perone) si uniscono e formano una superficie concava che si inserisce nella faccia superiore dell'astragalo, osso del piede di forma convessa. L'articolazione tibio-tarsica consente una grande ampiezza di movimento del piede (rotazione, flessione ed estensione) ed è rinforzata da una capsula fibrosa e da due legamenti collaterali.
Percezione della presenza di un arto dopo la sua amputazione. Le sensazioni avvertite dai pazienti variano dal formicolio alle fitte alle impressioni di freddo e caldo, fino a dolori più intensi che tendono a peggiorare nel tempo. Tali sensazioni sono dovute agli impulsi nervosi inviati dal moncone, che il cervello interpreta come provenienti dall'arto amputato.
Spesso il termine viene utilizzato per indicare la comparsa di dolori localizzati in un'articolazione apparentemente integra.
Intervento chirurgico che consiste nell'asportazione della capsula e dei tessuti molli di un'articolazione, senza intaccare i capi articolari ossei.
Infiammazione di una sola articolazione. Caratterizzata da gonfiore, arrossamento, dolore e rigidità, è solitamente riconducibile ad artrosi, gotta e infezioni di vario tipo.